1 giugno 2018
Un bilancio a otto anni dall’entrata in vigore del decr. lgs. 28/2010 di Massimo Moriconi
1 . Premessa
Il presente scritto costituisce un contributo alla disamina e alla valutazione dell’incidenza, a di-stanza di circa otto anni, dell’istituto della mediazione, introdotta nel nostro Paese con il decreto legislativo 28/2010, sulla Giustizia Civile.
Com’è noto, specialmente ai cultori della mediazione, il valore dell’Istituto consiste in primo luogo nell’efficace azione di pacificazione sociale che costituisce l’architrave di una nuova visione della risoluzione dei conflitti che la mediazione dischiude; andandosi ad affiancare all’insostituibile e necessaria (ma non sempre) azione della magistratura e dell’avvocatura nella tradizionale modalità (giudiziale) di risposta alla domanda di giustizia attraverso i giudizi di cognizione e di esecuzione forzata.
Tuttavia in un’epoca nella quale è diventato cogente l’imperativo di contrastare quella che è stata definita, con felice sintesi di uno dei più gravi mali italiani, la giustizia-lumaca, occorre, quanto meno per finalità ulteriore a quella testé indicata, esaminare anche se e in che modo la mediazione possa contribuire -e di fatto stia contribuendo- alla risoluzione di questo grave problema, che vede l’Italia additata e condannata anche all’estero per l’eccessiva durata delle cause.
2 . E’ opportuno partire dalla relazione del Ministro della Giustizia sull’ amministrazione della giustizia per l’anno 2016 ai sensi dell’art.86 del RD 30.1.1941 n.12, pubblicata nel sito del Ministero
Per quanto riguarda i dati del contenzioso civile si legge ivi che le pendenze dei fascicoli civili alla data del 30.6.2016 ammontavano al ragguardevole numero di 3.820.935, mentre le iscrizioni annuali (da intendersi dal 30.6.2015 al 30.6.2016) risultano pari a 3.472.590 Poiché tali numeri riguardano una congerie di affari (che vanno dalla cognizione all’ esecuzione, dalla volontaria giurisdizione alle procedure concorsuali etc.) è opportuno concentrare l’attenzione sulla cognizione e sul contenzioso ordinario puro che espone i seguenti numeri:
2014-2015 – cause iscritte : 224.390
2015-2016 – cause iscritte : 257.069
A fronte di tali “entrate” i procedimenti definiti nei rispettivi periodi ammontano a
2014-2015 – cause definite : 266.391 ( + 42.001)
2015-2016 – cause definite : 270.084 ( + 13.015) Le pendenze al 30 giugno 2015 erano 654.697 Le pendenze al 30 giugno 2016 erano 643.047
Va evidenziato, quale fattore positivo, che il numero di cause definite nel periodo (sia con lo strumento tradizionale, cioè le sentenze e sia attraverso i sistemi A.S.R. ) è maggiore del numero di cause iscritte nel medesimo periodo. Ciò sta a significare che il sistema giudiziario è in grado da qualche anno di aggredire l’arretrato. Se lo smaltimento dei fascicoli conservasse il trend dell’ultimo anno per azzerare l’arretrato necessiterebbero 49 anni (643.047 : 13.015) che non sembra un tempo di attesa accettabile.
Da quanto sopra emerge con tutta evidenza ed in modo irrefutabile che il Sistema Giustizia allo stato delle cose NON è in grado di affrontare il grave problema, di cui in premessa, cioè la durata eccessiva delle cause. Tale fatto contiene anche un altro dato importante che è quello dell’eccesso di cause civili, e dell’impossibilità, nonostante il conclamato impegno lavorativo dei giudici italiani, di risolvere il problema rebus sic stantibus. Si può pensare a soluzioni esterne al sistema, ovvero ad un approccio che comporti un diverso e migliore utilizzo dei mezzi e delle risorse (non solo materiali, ma anche normative) esistenti.
Sotto il primo profilo si potrebbe pensare alla creazione di sezioni dedicate allo smaltimento dell’arretrato , mentre è del tutto illusoria la strategia, che sembra la più amata dal legislatore, di manipolazioni del codice di procedura civile (cfr. il recente tentativo di introdurre per tutte le cause civili in cui il giudice decide monocraticamente il procedimento sommario di cui all’art.702 bis cpc), perché tale approccio non vede che il problema non è rappresentato dalle norme processuali, ma dalla eccessiva mole dei ruoli di cui ogni giudice è gravato.
3 . Il ruolo degli strumenti alternativi (alla causa, ADR) ed alla sentenza (ASR)
Le statistiche della mediazione pubblicate dal Ministero della Giustizia per il periodo 1 gennaio – 30 giugno 2017 contengono novità e miglioramenti. Il significato delle statistiche va valutato con cautela in quanto è molto facile che siano presenti inadeguatezze – talvolta finanche rese palesi- nell’acquisizione e nell’elaborazione dei dati. La ragione di tale imprecisione deriva da vari fattori. Allo stato, non avendo ancora il Ministero della Giustizia attivato alcuna rilevazione presso gli uffici giudiziari del lavoro svolto e dei provvedimenti emessi dai giudici nell’ambito dell’ A.S.R., l’unico canale di acquisizione dei dati proviene dagli organismi di mediazione. Dati che però sono parziali e spesso fuorvianti.
E’ infatti lo stesso Ministero, nella pubblicazione di cui trattasi, che avverte (pag.2) che gli organismi rispondenti nel II ° trimestre 2017 sono (solo) n.453 su n.700. Tale circostanza, dovrebbe indurre il Ministero ad avviare ciò che ormai costituisce una richiesta, corale quanto inascoltata, dei giudici , vale a dire la rilevazione dei provvedimenti di tale genere emessi. Operazione che potrebbe essere effettuata dal Ministero immediatamente attraverso una disposizione (temporanea) impartita alle cancellerie di registrare, in modo non telematico, i provvedimenti emessi dai giudici in tema di mediazione ex art. 5 decr. lgsl. 28/2010 e di proposta ex art. 185 bis e in via stabile e a regime, attraverso l’aggiornamento del sistema informatico SICID.
In alcuni uffici giudiziari, come presso la Corte di Appello di Bari, sono state nel frattempo introdotte buone prassi, registrate nel sito del Ministero della Giustizia, che, con l’ausilio del DIGISIA locale, fanno emergere a livello telematico, rendendoli visibili e computabili, tali provvedimenti. L’attivazione a livello nazionale di un’appropriata rilevazione dei provvedimenti ASR dei giudici da parte del Ministero della Giustizia costituirebbe un grandissimo contributo alla implementazione dell’utilizzo degli strumenti alternativi alla sentenza, quale modo di definizione dei conflitti giudiziari, in quanto consentirebbe e produrrebbe:
– un formidabile impulso all’utilizzo degli strumenti alternativi alla sentenza da parte dei giudici, allo stato frenato dalla prospettiva poco allettante di non vedere riconosciuto il lavoro e l’impegno profusi nella definizione alternativa delle liti. E’ opportuno, a tale riguardo, segnalare il grave e incombente inconveniente che si sta profilando e che incombe negativamente sull’utilizzo e sull’incremento dell’utilizzo della mediazione (demandata) e della proposta ex art. 185 bis cpc da parte dei giudici. In un primo momento la vera sfida è stata quella di coinvolgere la magistratura civile nell’utilizzo degli strumenti alternativi di cui trattasi. Questo obiettivo si sta raggiungendo nel senso che seppure con una distribuzione a macchia di leopardo, ormai in quasi tutti gli uffici giudiziari italiani e non solo in quelli di primo grado (vedi esperienze in atto presso la Corte di Appello di Milano e di Napoli) mediazione e proposta del giudice vengono usual-mente praticati. Il problema (che ha del paradossale) che si sta profilando è che proprio quei giudici che hanno utilizzato con maggiore intensità gli strumenti A.S.R. hanno visto, correlativamente, con l’abbreviarsi dei tempi di decisione, anche il crollo del numero delle sentenze rese nell’anno, se confrontato con i giudici che hanno poco o niente utilizzato gli strumenti A.S.R. Poiché com’è stato ampiamente illustrato nell’articolo di cui alla nota 7 tutto il sistema di valutazione del lavoro dei magistrati (carriera, possibilità di svolgere incarichi extragiudiziari, etc.) è tutt’ora imperniato sul numero di sentenze emesse (che peraltro è l’unico dato lavorativo conoscibile agevolmente), è di ovvia e lampante evidenza la tragica conseguenza che deriva dalla mancata acquisizione (e conseguente impossibile valutazione da parte di chi spetti, CSM, etc) degli indicatori di lavoro dei giudici nella materia ASR: la inevitabile dissuasione ed il freno dall’utilizzo degli strumenti ASR;
– la possibilità di acquisire informazioni molto precise, ed alla fonte (ad es. il dato dichiarato dal Ministero di un modestissimo 9% di mediazioni demandate “pure”, di cui infra, è infatti poco plausibile).
Quanto ancora alla frammentarietà dei dati statistici, è ancora lo stesso Ministero a ricordare (pag.2) le turbolenze che hanno interessato la mediazione (dal 13.12.2012 al 30.9.2013 sospesa l’obbligatorietà a seguito della sentenza della Corte Costituzionale; dal 20.9.2013, fuoriuscita della materia della RCA da quelle obbligatorie di cui all’art.5 comma 1 bis decr. lgsl. 28/2010). L’esame delle rilevazioni statistiche è tuttavia di grande interesse e utilità se più che i dettagli si considerano le tendenze che i dati in esse considerati evidenziano.
Per cominciare occorre allora affermare che il trend delle mediazioni (inteso sia come numero di procedure iscritte e sia come accordi raggiunti) è stabile ed in crescita, sia pure con diverse in-tensità a seconda del tipo di mediazione Invero nel 2016 le iscrizioni delle domande di mediazione hanno raggiunto il numero di 183.977 di poco inferiore al numero del 2015 (196.247).
I risultati delle procedure di mediazione: dal 2014 le statistiche del Ministero espongono separatamente l’esito della mediazione quando le parti accettano di proseguire oltre il primo incontro (vale a dire quando si svolge – secondo la giurisprudenza unanime- la vera mediazione). La serie storica mostra le seguenti percentuali di accordi:
2014 47 %
2015 43,5 %
2016 43,6 %
2017, 1° sem. 42,4 %
Ciò relativamente alle seguenti percentuali di “aderente comparso e partecipante”
2014 40,5 %
2015 44,9 %
2016 56,4 %
2017, 1° sem. 48,6 %
E’ particolarmente interessante notare che la serie storica elaborata dal Ministero per il periodo 1° aprile – 30 giugno 2017 (sempre relativamente al caso di aderente comparso e partecipante) attesta che la percentuale di accordi NON E’ MAI SCESA AL DI SOTTO DEL 40%, rimanendo più o meno fissa al 42-43 % La distribuzione per tipologia di mediazione, pone al primo posto la mediazione obbligatoria con n.138.127 domande nel 2016 (a fronte di n.151.469 domande nel 2015 e n.131.360 domande nel 2014) ed al secondo posto quella demandata con n. 19.128 domande nel 2016, n.18.062 domande nel 2015 e n.7.699 domande nel 2014). A seguire mediazione volontaria e obbligatoria in quanto prevista da clausola contrattuale.
Di particolare interesse sono le rilevazioni del Ministero relative alla mediazione demandata dal giudice, dove si colgono le più rilevanti novità del lavoro svolto dalla Direzione Generale di Statistica a far tempo dal II° trimestre 2016.
Ed invero da tale data per la tipologia mediazione demandata dal giudice è stata introdotta la suddivisione fra demandata dal giudice per le materie NON obbligatorie (questa è la vera , ed a rigore unica figura di mediazione demandata prevista dall’art.5 co. II° decr.lgsl.28/2010) e demandata dal giudice per improcedibilità (che è quella di cui all’art.5 co.1 bis del decr.lgsl.28/2010 per il caso che in giudizio sia rilevata o eccepita il mancato esperimento della mediazione obbligatoria nelle materie di cui all’art.5 1 bis).
Ebbene, sia pure la relativa statistica, per la sua recente introduzione, si riferisca ad un solo anno, il risultato lascia perplessi.
Secondo tale rilevazione, solo il 9% del numero complessivo delle mediazioni demandate del periodo aprile 2016 – giugno 2017 è costituito dalla mediazione vera (cioè demandata dal giudice per le materie NON obbligatorie). Invero il dato è poco plausibile perché NON è il frutto di una rilevazione, che assicurerebbe correttezza e certezza, effettuata presso gli uffici giudiziari, ma attraverso le parziali risposte degli organismi di mediazione, che verosimilmente in molti casi confondono la natura della mediazione “proveniente” dal giudice.
In ogni caso il dato, quale che sia l’esatta consistenza, la dice lunga su quanto sia ancora lunga la strada per l’effettiva diffusione generalizzata fra i giudici della cultura della mediazione, e della importanza strategica che ancora oggi svolge la mediazione obbligatoria, per fortuna ormai non più a tempo, ma stabilizzata dal recente intervento del legislatore (decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96). Questa diffidenza nei confronti della mediazione si fonda pressoché esclusivamente sul retaggio culturale della logica del conflitto tradizionale, con le sue dinamiche dell’antagonismo e della decisione imposta dal giudice; il cui superamento, com’è facile comprendere, richiederà molto tempo e un capillare e paziente lavoro didattico per la diffusione della conoscenza dei nuovi pregnanti valori di pacificazione sociale (oltre che di rapido mezzo di definizione dei conflitti ) che la cultura dell’accordo e della pacificazione rappresenta e promuove.
Se si prescinde dalla spiegazione “culturale”, l’indifferenza di larga parte della magistratura nei confronti della mediazione è spiegabile solo con la perdurante assenza di considerazione di tale lavoro dei magistrati, a sua volta derivante dalla mancata attivazione da parte del Ministero della Giustizia di un sistema nazionale (a mezzo SICID in suo delle cancellerie) di rilevazione dei provvedimenti emessi dai giudici in materia di mediazione demandata e 185 bis cpc e non sol-tanto, peraltro solo quanto ai primi, mediante richiesta agli Organismi di mediazione (operazione del tutto insufficiente, come ammesso dallo stesso Ministero che ricorda come un gran numero di organismi non hanno risposto alla richiesta finalizzata alle rilevazioni statistiche).
Occorre quindi adoperarsi affinché gli ostacoli di natura culturale e organizzativa siano superati. Il contributo che la mediazione può dare allo smaltimento delle cause è sorprendentemente poco attenzionato. Vale evidenziati alcuni dati :
– i procedimenti iscritti presso i Tribunali ordinari relativi ai codici oggetto inerenti la mediazione rappresentano mediamente l’8% del totale dei procedimenti iscritti nel civile (così attesta l’Ufficio Statistiche del Ministero della Giustizia, cfr. grafico allegato alle statistiche dell’anno 2015); – le materie della mediazione obbligatoria costituiscono solo l’8% del contenzioso ordinario (così attesta l’Ufficio Statistiche del Ministero della Giustizia, cfr. grafico allegato alle statistiche dell’anno 2015); – l’incidenza della diminuzione del contenzioso ordinario registrata dall’Ufficio Statistiche del Ministero è significativa (- 16% per le materie oggetto di mediazione obbligatoria rispetto ad un – 8% per il restante civile, cfr. grafico allegato alle statistiche dell’anno 2015); – se la parte convocata aderisce all’invito, la percentuale di successo delle mediazioni è del 43% (2017); – l’attuale (2017) percentuale di adesione all’invito è attestata al 49%; – la percentuale assoluta di accordi delle procedure di mediazione è quindi (49 x 43 %) del 21% ; – un accordo in mediazione equivale, quanto meno tendenzialmente, ad una causa in meno introdotta ; – poiché nel 2016 il numero di iscrizioni delle domande di mediazione è di 183.977 ne consegue che la mediazione produce una diminuzione delle cause dell’ordine di grandezza di quasi 39.000 cause in meno (21% di 183.977).
Conclusione
Con un allargamento delle materie obbligatorie e con un uso ben più intenso e diffuso della mediazione demandata da parte del Giudice, propugnabile con la rilevazione da parte del Ministero della Giustizia, dei provvedimenti (art. 5 co. II decr. lgsl. 28/2010 e art. 185 bis proposta) dei giudici, la società italiana conseguirebbe due risultati: minor conflittualità quale conseguenza di un’opera di pacificazione posta in essere dai protagonisti del sistema Giustizia (magistrati ed avvocati in primo luogo) ed una drastica diminuzione delle cause e della loro durata.
Massimo Moriconi
Giudice del Tribunale di Roma